lunedì 22 dicembre 2014

Elementare: BUON NATALE

Pierluigi Cappello
L'anno che sta per finire ha riservato a noi Maestre allo sbaraglio numerose indimenticabili esperienze. 
In particolare oggi ho ripensato alla presenza del nostro libro al Salone del Libro di Torino. Là assistemmo all'intervista di Massimo Gramellini alla signora Angela Staude Terzani, la quale annunciò che nell'anno corrente il premio intitolato a suo marito sarebbe stato assegnato ex aequo a Mohsin Hamid per "Come diventare ricchi sfondati nell'Asia emergente" e a Pierluigi Cappello per il memoir "Questa libertà". Quest'ultima notizia mi riempì di gioia, infatti lo avevo letto e apprezzato, tanto da averne fatto dono il Natale precedente a Margherita.
Pierluigi Cappello, uno dei maggiori poeti italiani, nel 2013 ha ricevuto dall'Università di Udine la laurea honoris causa in Scienze della Formazione Primaria. Lo scorso settembre è stato pubblicato il suo primo bellissimo libro di poesie per bambini: "Ogni goccia balla il tango", con le deliziose illustrazioni di Pia Valentinis.


A questo punto credo che oltre al mio anche il nostro destino di Maestre allo sbaraglio sia entrato in contatto con discrezione più volte con il suo di scrittore e poeta e mi pare naturale o, se preferite, elementare, come il vecchio nome della Scuola Primaria e come il titolo della raccolta di tutte le sue poesie: "Azzurro elementare", augurarvi buone feste rendendogli omaggio e allietandovi, spero, con una sua nota poesia, che rievoca gli abitanti di Chiusaforte (UD) dove trascorse la sua infanzia.
Consiglio vivamente la lettura delle sue opere, nelle quali le parole sembrano trovarsi esattamente al loro posto e combinandosi in modo in apparenza semplice ma rigoroso restituiscono la realtà circostante sotto una nuova luce e infondono forza e speranza.
Buon Natale.

Parole povere (clicca qui)

Uno, in piedi, conta gli spiccioli sul palmo
l'altro mette il portafoglio nero
nella tasca di dietro dei pantaloni da lavoro.

Una sarchia la terra magra di un orto in salita
la vestaglia a fiori tenui
la sottoveste che si vede quando si piega.

Uno impugna la motosega
e sa di segatura e stelle.

Uno rompe l'aria con il suo grido
perché un tronco gli ha schiacciato il braccio
ha fatto crack come un grosso ramo quando si è spezzato
e io c'ero, ero piccolino.

Uno cade dalla bicicletta legata
e quando si alza ha la manica della giacca strappata
e prova a rincorrerci.

Uno manda via i bambini e le cornacchie
con il fucile caricato a sale.

Uno pieno di muscoli e macchie sulla canottiera
Isolina portami un caffé, dice.

Uno bussa la mattina di Natale

con una scatola di scarpe sottobraccio
aprite, aprite. È arrivato lo zio, è arrivato
zitto zitto dalla Francia, dice, schiamazzando.


Una esce di casa coprendosi un occhio con il palmo
mentre con l'occhio scoperto piange.

Una ride e ha una grande finestra sui denti davanti
anche l'altra ride, ma non ha né finestre né denti davanti.

Una scrive su un involto da salumiere
sono stufa di stare nel mondo di qua, vado in quello di là.

Uno prepara un cartello
da mettere sulla sua catasta nel bosco
non toccarli fatica a farli, c'è scritto in vernice rossa.

Uno prepara una saponetta al tritolo
da mettere sotto la catasta e il cartello di prima
ma io non l'ho visto.

Una dà un calcio a un gatto
e perde la pantofola nel farlo.

Una perde la testa quando viene la sera
dopo una bottiglia di Vov.

Una ha la gobba grande
e trova sempre le monete per strada.

Uno è stato trovato
una notte freddissima d'inverno
le scarpe nella neve
i disegni della neve sul suo petto.

Uno dice qui la notte viene con le montagne all'improvviso
ma d'inverno è bello quando si confondono
l'alto con il basso, il bianco con il blu.

Uno con parole proprie
mette su lì per lì uno sciopero destinato alla disfatta
voi dicete sempre di livorare
ma non dicete mai di venir a tirar paga
ingegnere, ha detto. Ed è già
il ricordo di un ricordare.

Uno legge Topolino
gli piacciono i film di Tarzan e Stanlio e Ollio
e si è fatto in casa una canoa troppo grande
che non passa per la porta.

Uno l'ho ricordato adesso adesso
in questo fioco di luce premuta dal buio
ma non ricordo che faccia abbia.

Uno mi dice a questo punto bisogna mettere
la parola amen
perché questa sarebbe una preghiera, come l'hai fatta tu.

E io dico che mi piace la parola amen
perché sa di preghiera e di pioggia dentro la terra
e di pietà dentro il silenzio
ma io non la metterei la parola amen
perché non ho nessuna pietà di voi
perché ho soltanto i miei occhi nei vostri
e l'allegria dei vinti e una tristezza grande.


(Pierluigi Cappello)

                                                                                                     Francesca C.

4 commenti:

Lalla ha detto...

Bellissima, Francesca.
Secca e dolce, consolatoria e straziante.
Posso solo dirti grazie per averla condivisa.
Buon Natale, Maestre mie care

Francesca ha detto...

Grazie :-)
Buon Natale.

Gisella ha detto...

Intuisco nei versi la costruzione di un presepe personale
Ognuno di noi ha un proprio presepe, ma raramente gli regala voce

Francesca ha detto...

Carissima Gisella, tu hai un grande intuito...
Un abbraccio.