sabato 8 aprile 2017

Libere riflessioni sulla scuola e sulla responsabilità universale / Tempi che cambiano (e strani accadimenti)

Sono una millenial per definizione. Ho compiuto diciotto anni nel 2000. Della scuola ho parecchi ricordi ed i migliori sono decisamente quelli della scuola elementare. Ho frequentato la scuola pubblica a Galliate, la città dove ancora oggi vivo, in un contesto scolastico che si è dimostrato favorevole sia alla mia crescita individuale che a quella collettiva della nostra classe.

Ho terminato il mio percorso di studi con il conseguimento di un diploma accademico in Belle Arti. Oggi ho trentaquattro anni e sono la mamma di Bianca, una bimba curiosa e estroversa di due anni e mezzo.

Di recente mi sono trovata a riflettere in merito alle parole del Dalai Lama sulla “responsabilità universale” e ho compreso che il nostro presente storico può ritenersi una nuova era contraddistinta dalla nascita di una comunità universale e che, volenti o nolenti, tutti i membri dell'umanità, nonostante le varie diversità e unicità linguistiche e culturali, dovranno presto imparare a convivere nel rispetto degli altri.

Quando andavo a scuola da piccola abbiamo spesso discusso in classe di tematiche quali la solidarietà fra i popoli, l'integrazione, l'accoglienza, la coesione fra persone di diverse etnie e religioni, formando il nostro pensiero a riguardo.


Il presente, però, continua a porci nuovi interrogativi che nascono dalla “pratica” e non più solo dalla “teoria”. La storia che viviamo nel quotidiano ci sta facendo fare i conti con nuove realtà e nuovi disegni geopolitici ai quali partecipiamo non più in qualità di spettatori passivi ma come fautori di questo nuovo capitolo storico. E alcune di queste tematiche, che solo un ventennio fa potevano sembrare astruse e lontane, si presentano con forza dirompente.

La società si presenta come mai prima d'ora variegata, stratificata, piena di diversità e contraddizioni, ma non per questo priva di realtà di integrazione fra i diversi individui che la compongono. I valori possono e devono fungere da “collante”.

Gli uomini di oggi sono viaggiatori. Fanno nuove esperienze, si trasferiscono per lavoro o per migliorare la qualità della loro vita ed entrano maggiormente in contatto diretto con realtà che non sempre conoscono a pieno. Essi, però, hanno dimostrato grande capacità di adattamento, di integrazione e di interconnessione, grazie anche al supporto dato dalle nuove tecnologie e forme di comunicazione. La tutela dei valori quali la comprensione e l'ascolto delle necessità dell' “altro”,  possono rivelarsi utili alla non-alienazione del singolo e alla creazione di una nuova “rete” sociale non più composta solo da chi si riconosce come “simile”, ma anche da chi si presenta come “nuovo” e “diverso” e che, a tutti gli effetti, fa parte del tessuto sociale universale e della grande famiglia dell'umanità.

Nostro compito è quello di educare i bambini all'accettazione dell'individuo, e non più solo attraverso i grandi temi, ma anche tramite la cultura dell'integrazione, della generosità, della capacità di confronto e del rispetto degli altri.


Per cui il ruolo fondamentale della scuola primaria, oltre a quello nozionistico, è quanto mai complicato: deve poter fornire i giusti strumenti a quelli che saranno gli adulti di domani affinché sappiano porsi nei confronti delle nuove sfumature sociali, non solo attraverso la capacità di analisi, ma anche tramite la facoltà di rapportarsi direttamente.

I piccoli semi che i maestri e le maestre di oggi pianteranno, un giorno fioriranno nelle menti degli alunni che, diventati grandi, cresceranno come esseri senzienti, cittadini del mondo, persone dotate di giudizio critico e capaci di rispettare sé stessi e gli altri. O, perlomeno, questo è l'augurio che io faccio a tutti loro. I bambini avranno il dovere di sviluppare un marcato senso di responsabilità universale e la scuola primaria sarà il primo posto nel quale cominciare questo percorso.

Tempi che cambiano (e strani accadimenti)

Il filo che ci unisce

La bisnonna, all'occorrenza, sapeva usare lo schioppo. Lavorava nei campi, toglieva i topi morti dalle trappole a mani nude senza battere ciglio, allattava anche i bambini delle altre, tanto latte aveva. Per non parlare dei suoi casoncei, la pasta ripiena più buona dell'universo, fatta con le uova fresche delle sue galline.

La bisnonna non è andata a scuola perché ai tempi c'era troppo da lavorare, le famiglie erano numerose e le bambine rappresentavano una risorsa preziosa all'interno dell'azienda famigliare. Abitava in provincia di Brescia, in un piccolo paesino dove non si vedevano altro che stalle e risaie. Si chiamava Angela ed era la nonna di mio padre.


All'epoca non erano in molti a saper leggere e scrivere, specie nei paesi di provincia dove l'importante era saper firmare i documenti e neanche poi più di tanto. Al massimo si metteva una bella croce. Era molto più importante aiutare i vitellini a nascere durante un parto difficile, conoscere il *1) maggese e i cicli lunari, mondare bene il riso in risaia e cucinare pasti sostanziosi per gli uomini che rincasavano con una fame da lupi. E, ovviamente, occuparsi di nugoli di bambini che presto sarebbero diventati soldati o spose. Una vita rude e semplice dove la luce era data dal sole o dalle lampade a petrolio, il caldo d'inverno era quello del focolare e d'estate il cielo era pieno di lucciole.

La nonna ricamava a mano il suo corredo, confezionava vestiti, macellava gli animali del pollaio quando era ora, zappava la terra e faceva di conto. Oltre a cucinare crostate incredibili e lucidare a mano i pavimenti in marmo con la cera Sutter. La sera un brodino e via, a dormire presto perché il giorno dopo si apriva la bottega. La nonna si chiamava Faustina ed era la mia nonna materna.

Grande lavoratrice, da bambina abitava in una cascina nella frazione agricola Le Fornaci a Oleggio. Quando era giovane ha vissuto la seconda guerra mondiale aspettando come tutti notizie dal fronte; è così che ha saputo di aver perso il suo primo fidanzato, morto in guerra come molti altri giovani soldati. Poi si è sposata con mio nonno, un giovane garzone di macelleria. La loro vita è girata tutta attorno alla loro macelleria bovina, di via Canonico Diana a Galliate. Avevano anche un bell'orto dietro casa, dove il nonno Nino coltivava verdure e peonie profumate e gli alberi da frutto producevano succose pesche e dolci ciliegie. Ricordo ancora il ronzio gagliardo delle api.

La nonna ha studiato fino alla quinta elementare ed era molto brava in matematica, cosa che le è servita per più di trent'anni alla cassa in negozio. Ma non si è mai interessata di politica, attualità o letteratura. L'unica lettura di casa dei nonni è stato per decenni l'Eco di Galliate. In un'epoca dove già molte donne proseguivano gli studi, guidavano, insegnavano, lei non ha mai avuto altre aspirazioni se non quelle di giovare all'attività di famiglia.

La mamma, invece, ha studiato fino al diploma di maestra d'asilo. Le scuole medie le ha frequentate a Novara, all'Istituto Immacolata dove restava in collegio per tutta la settimana, compresi i fine settimana.

*1) maggese: o pratica del maggese; consiste nella messa a riposo di un terreno, per la precisione di un campo agricolo, che consente la coltivazione ed il riposo ciclico

I nonni lavoravano anche dodici ore al giorno in negozio e non potevano occuparsi di lei. Mentre il diploma l'ha conseguito presso la Scuola Magistrale, anche se non ha mai (o in rare occasioni lavorative) usufruito del suo titolo di studi.

La mamma faceva la segretaria d'azienda e lavorava in ufficio. Fumava tante sigarette e si alzava mezz'ora prima per truccarsi. (Quello lo fa ancora oggi, ha solo ridotto le Muratti). Casa perfetta ma cibo della rosticceria e forno a microonde. Non ha mai avuto feeling con la cucina o con gli animali, né le è mai piaciuto stare a contatto con la natura, fare sport o escursioni.

I bottoni sui pantaloni li sapeva cucire ma niente di più. In compenso ha sempre avuto in tasca la patente, il bancomat e la carta di credito ed un'attrazione per i bei vestiti e gli accessori eccentrici. Abbiamo provato a regalarle uno smartphone: garantisce che ci sta provando ad usarlo ma senza impegnarsi a fondo perché questo tipo di approccio esula dal suo modo di intendere il telefono; ovviamente ha ancora un cellulare ibrido, a metà fra quelli con la tastiera e quelli col display touch. Nonché l'irrinunciabile telefono fisso. Ascolta Radio Italia Solo Musica Italiana la mattina e guarda la De Filippi il sabato sera. Metodica, non le piace che le si tocchino i capelli, (che porta cortissimi), non le piace leggere, mentre le piace molto vivere seguendo ritmi scanditi, facendo particolare attenzione alla pulizia della casa. Fare le faccende domestiche è la sua vera passione: guardare una casa in ordine, pulita e rassettata aiuta il suo spirito a mantenersi sereno. E' una persona che tiene all'amicizia e che della schietta sincerità ha saputo fare virtù anche se mi insegna a non esporre forzatamente le mie idee e i miei pensieri qualora questi possano ferire la sensibilità altrui o essere incompresi. La mamma non ha portato avanti nessuna tradizione di famiglia e ciononostante non se ne è mai fatta una colpa, anche perché vive la sua vita secondo le sue regole, regole che lei stessa utilizza come binari per navigare su di un'unica rotta.

Ha la scorza dura ma il cuore tenero.

Con la nascita di mia figlia ha riscoperto una tenerezza che non provava da tempo.

Io? Io bhé, potete immaginarlo. Sono come voi. Ho studiato fino a trent'anni. Lavori vari ed eventuali, anche se ciò che più amo fare e vorrei che mi desse da mangiare è dipingere quadri. Sono andata a viver da sola presto ma sempre sotto l'ala di mammà. Ho prole e marito ma questo non fa di me una signora nel senso stretto del termine, solo una moglie e una mamma; e, devo candidamente ammettere, che mi ci trovo molto bene in questi “panni”, io che mai avrei pensato di volermi dedicare principalmente alla famiglia. Cucino meglio di mia madre e non faccio delle questioni infinite se c'è un po' di disordine in casa. In compenso, quando posso leggo, scrivo, dipingo e ascolto musica. Mi ingozzo di tecnologia e ci perdo molto del mio prezioso tempo; tempo che, ad esser sincera, potrei dedicare a cose ben più sane come a fare una passeggiata o ad abbracciare un albero, ad esempio. Cani e gatti li conosco, galline e conigli un po' meno. E di sicuro non riuscirei a torcergli un pelo. (O una penna).

Chissà come sarà il paragrafo di mia figlia?

La mia scuola


La mia scuola è stato un grande viaggio. Non ho imparato soltanto a leggere, scrivere e contare ma ho imparato a ragionare, cosa altrettanto importante. Ho conosciuto persone fantastiche, indelebili nella mia memoria, come certi pomeriggi sonnolenti dove lo sguardo si posava sul pulviscolo in contro luce e i pensieri correvano lontano, fuori dalla finestra, e facevo fatica a rimanere concentrata. Ho capito che il corpo umano è una “macchina” perfetta ma che va mantenuto attivo e in salute per stare bene; che la mente ha degli ingranaggi che vanno sempre oleati affinché funzionino a dovere. Che i libri, gli articoli, i video e la cultura sono il carburante di questa “macchina da corsa”. Che bisogna coltivare le passioni, quelle che fanno battere forte il cuore, la creatività e l'immaginazione perché esse sono una grande risorsa per l'essere umano ed è di fondamentale importanza aprirsi e non chiudersi. E donare, incondizionatamente, amore.

Il ponte immaginario che congiunge la mia bisnonna a mia figlia è un ponte corto se si pensa a quanti pochi anni sono trascorsi fra la società rurale e industriale e la nuova società delle interconnessioni tecnologiche, dal tempo delle biciclette a quello delle automobili elettriche, dal tempo delle prime casse di risparmio all'home banking, dal tempo delle merende sull'aia al tempo della spesa on line. Però è anche un tempo lunghissimo per i grandi cambiamenti che sono intercorsi. L'innalzamento dei tempi di scolarizzazione, i vari scossoni dell'economia, la globalizzazione, la comprensione di più lingue e la possibilità che tutti abbiamo di viaggiare e vedere il mondo hanno davvero reso questo intervallo temporale uno spazio vasto e di difficile comprensione per le nuove generazioni. Per i nativi tecnologici è possibile comprendere istintivamente le tecnologie ma non la manualità, il mestiere di fare le cose con le proprie mani. Hanno bisogno di chiavi di lettura per “leggere” correttamente il passato e volgere il loro sguardo serenamente al futuro.

Credo appartengano a mia figlia molte di quelle cose che mia nonna neanche poteva immaginare, ma mi chiedo se queste cose, un domani, la renderanno felice.  Ella vivrà una nuova era che vorrei non fosse improntata solo sui consumi e sulla velocità, ma anche sul ricordo delle tradizioni, perché uno dei grandi insegnamenti che la sapienza dei nonni ci ha lasciato è proprio quello del “saper aspettare”, ed è difficile insegnare ai nostri bambini il valore dell'attesa in un mondo dove tutto è rapido e di facile accesso. Le cose migliori hanno il passo lento, dicevano i nostri nonni. Vorrei che godesse di tutte queste novità meravigliose, in mezzo alle quali è venuta al mondo, senza soffrirne le controindicazioni! E mi piacerebbe pensare che la scuola del futuro sia in grado di aiutarla a crescere bene nel pieno rispetto dello spirito del suo tempo, parte integrante di una nuova collettività pur rispettando quei valori che prescindono dal consumismo. Mi auguro che ricordi il passato della nostra famiglia e la storia della sua nazione, ma che viva con slancio il presente senza zone d'ombra. Mi auguro anche che provi il gusto di fare domande e che i suoi maestri e le sue maestre riescano, con l'intelligenza che li contraddistingue, a darle buone risposte, lasciando però qualche spazietto vuoto per stimolare il suo ragionamento.

L'incendio

Avevo molti quaderni di quando andavo a scuola, quaderni di tutte le materie, i famosi Pigna Cento che si usavano una volta. Ne andavo fiera e avevo ragione di esserlo perché ero una brava scolara. Questi “quadernoni” erano correlati da splendidi disegni che ritraevano me e i miei genitori e tante altre situazioni vissute o immaginate. Temi ricchi di considerazioni e particolari, degni di una vera osservatrice amante dei dettagli. Purtroppo sono andati tutti bruciati in un incendio doloso che ha distrutto, non solo mobilio e oggetti, ma anche un enorme pezzo della mia vita. Una notte, alcuni individui rimasti ignoti, hanno devastato la casetta di campagna che all'epoca apparteneva ancora alla mia famiglia, dal giorno in cui mio nonno Nino la ereditò da suo zio Pietro. La notte dell'incendio un filo si è spezzato e anche qualcosa dentro di me. Ho provato molti sentimenti contrastanti in quella circostanza. Mi hanno pervasa sconquassandomi dalla testa ai piedi. Prima lo sconforto e rabbia e il senso di impotenza. Infine la frustrazione e il dolore, sentimento che noi occidentali cerchiamo con tutte le nostre forze di scansare ma che, in effetti, è una sorta di benedizione perché è proprio attraverso la sofferenza che si giunge ad una sorta di illuminazione. Anche grazie a quello (e a molti altri dolori) sono diventata la persona che sono oggi. Infondo, credo di aver perso solo le cose materiali in quell'incendio. Per molti anni ho avuto la certezza di aver perso per sempre la prova tangibile dalla mia infanzia, dei migliori anni di scuola, dei miei progressi di bambina, eppure oggi so per certo che nulla è andato perduto. Ha solo cambiato forma.

Ora sta tutto alla mia memoria il non disperdere i bei ricordi nell'oblio e, si sa, la memoria è fallace, talvolta ci trae in inganno, deforma le cose a nostro piacimento. Però è anche vero che sono i sentimenti a guidarla. Perciò è mio preciso compito quello di mantenere la mia brillante stella polare accesa, il faro della memoria che illumina anche la notte più buia. Dentro di me ci sono tutti i quaderni, i libri di scuola, i miei amati romanzi (che  fortunatamente ho potuto ricomprare), le matite colorate e molto, ma molto altro! Ci sono i volti dei miei compagni bambini, gli alberi in fiore nel cortile durante la ricreazione, le annuali foto di classe nell'esatto momento in cui sono state scattate, la maestra che, con le sue parole evocative, ci raccontava il mondo e le immagini che si formavano nella mia testa, gli esperimenti di scienze, il profumo delle tempere e la loro consistenza, la pioggia che batteva sui vetri e i colori variegati degli ombrelli. L'odore dolce e salino della carta. Il sorriso di mio nonno Nino che, all'uscita, mi aspettava con il sacchetto della merenda. E le corse a perdifiato con la mia amica Donatella, a zig zag tra un trifoglio e un altro. E che gioia quando si trovava un quadrifoglio! O quando una coccinella si posava sul dorso di una mano. Pensavamo portasse fortuna. E, in effetti, a ripensarci bene di fortuna ce ne ha portata. E anche molta. Perché, anche se la vita spesso toglie, è anche capace di dare.


Carolina Gianotti

1 commento:

anna bossi ha detto...

Scritto godibile e significativo, ricco di spunti.