Un abbraccio, Francesca.
Care
maestre, cari maestri (che avete gettato il cuore oltre l'ostacolo, anzi oltre
lo sbaraglio) nel leggervi mi sono commossa e divertita, soprattutto mi sono
rivista.
Io
credo proprio di essere l'ultima maestra che ha condotto formalmente le
esercitazioni didattiche all'Istituto Magistrale di Novara sia nei suoi corsi
tradizionali che in quelli sperimentali. Ho cercato tutte le strade perché la
didattica apparisse ai miei giovani allievi come una vera e propria teoria
della cultura con radici nella riflessione filosofica e nelle competenze psico-
pedagogiche, cercando di dimostrare nel contempo i processi didattici concreti
e vivi, sempre in divenire, in quei meravigliosi laboratori che sono state per
noi le scuole cittadine, materne ed elementari.
Personalmente
ho iniziato la mia attività scolastica a Lumellogno con una classe
numerosissima e con alcuni casi problematici alla fine degli anni Sessanta e lì
ho cercato di elaborare al meglio gli stimoli che avevo ricevuto dalla
frequentazione dell' M.C.E., dall'Università e dallo studio della Montessori
che mi aveva molto incuriosito. In quegli anni capitava spesso a Lumellogno un
maestro che io non conoscevo e che
insegnava alla Tommaseo del Villaggio Dalmazia. Si chiamava Antonio Bricco.
Questo maestro aveva osservato il mio modo di fare scuola e di condurre il
gruppo. Dopo qualche tempo decise di contattarmi per mettermi a parte di un suo
progetto assolutamente sperimentale e innovativo di "Tempo pieno" al
Villaggio, per cui servivano cinque insegnanti da affiancare ai cinque titolari
già presenti.
Il
Villaggio era un luogo affascinante e difficile, erano presenti tutti i disagi
e le tensioni che le prime famiglie di profughi istriani e dalmati avevano
portato con sé, cariche com'erano di paure, dolore, nostalgie e speranze. A
scuola i bambini apparivano chiusi, sempre un po' tristi o ribelli. Bricco
aveva deciso di ribaltare la situazione a partire dalla scuola. E davvero così
prese forma un'esperienza educativa speciale, privilegiata.
Non
voglio dilungarmi perché per illustrarla seriamente nei metodi e nei contenuti
ci vorrebbe un piccolo trattato relativo solo ai primi cinque anni! Riporterò
solo un commento del professor Accomazzi, noto matematico e astronomo novarese:
"Questa scuola è un fiore all'occhiello per l'intera regione, peccato che
sia un modello poco imitabile perché per farla ci vogliono fondi, competenze
forti messe in comune e una dilatazione assoluta degli orari di scuola."
Vero. Quante serate indimenticabili, protratte sino a tardi, a studiare il
cielo stellato con i bambini e i loro genitori grazie al professor Accomazzi e
al suo telescopio! E non poche le serate
al pianterreno di Casa Bossi da noi stessi risistemato per gli incontri
culturali e didattici del nostro Centro Rousseau attivato da Bricco. E poi le
"settimane bianche" di scuola sulla neve o quelle "verdi
"durante la bella stagione nelle colonie comunali della Val Vigezzo,
alternando le ore di lezione e di studio allo sport. Tutta la scuola in
trasferta, compresi un po' di genitori. Tutti in autogestione. E poi la scuola
sempre aperta alle visite e alle collaborazioni (dalle classi del nostro Liceo
Artistico ai docenti stranieri) e aperta anche a tutte le problematiche del
quartiere. Riporto un altro giudizio, del Sig. Elio, d'origine greca: "Io
ho un'infinita gratitudine per questa scuola, perché ha mobilitato tutto il
quartiere, tutti i residenti. Adesso c'è tanta vita, più socialità, idee nuove.
Grazie a voi ho riscoperto tanti canti e poesie della mia terra."
Bene,
ora tutto questo è scomparso. Fa parte del passato e per me è un po' doloroso.
Anche
l'Istituto Magistrale come tale non esiste più. La Tommaseo come scuola
elementare ha chiuso i battenti. Le famiglie dei rifugiati dalmati sono ormai
modificate o trasferite. Sui campanelli delle case appaiono cognomi nuovi.
Conservo per fortuna una carissima amicizia con le mie splendide colleghe,
Grazia Di Filippo (che è andata poi ad insegnare alle Medie del Morandi e oggi,
in pensione, alfabetizza le donne
straniere), Lina Cominone (ottantotto anni!) ed Ernesta Collevasone (in
pensione da pochissimo). Ma il maestro Bricco non ha retto all'ictus che l'ha
colpito e non è più con noi. A lui, politico romantico, amico brillante,
maestro di scuola, lasciatemi dedicare questa piccolissima "ode" che
ho scritto il giorno in cui la Tommaseo, prima di chiudere i battenti, ha
compiuto 50 anni.
Rose rosse per
la scuola del Villaggio
Il padre gli disse un giorno che sarebbe andato a scuola
e gli avrebbe comprato un corredo di oggetti come a un
giovane sposo: zaino e penne, colori e matite e gomme,
testi di canzoni e di viaggi, pennelli e fotografie di città
e di deserti, grembiule professionale e scarpe alate ai
piedi
che emettevano al suo breve passo, lampi di luce.
Avrebbe avuto maestri, li avrebbe lasciati, altri ne avrebbe
trovati e avrebbe scoperto nel tempo che gli allungava
le gambe e gli accorciava il grembiule, il sale che
insaporiva
ogni calcolo esatto, perfetto; il cioccolato extra amaro
che sferzava la storia dell'uomo, il vino aromatico della
geografia della Terra, il pane da dividere con i compagni
di sentinella. Poi il bambino lasciò la scuola del
Villaggio,
affrontò un'altra navigazione, sistemò nuovi gioielli
nel suo scrigno. Diventò grande e un giorno disse alla
sua bambina che sarebbe andata a scuola e le avrebbe
comprato un corredo di oggetti coma a una giovane sposa:
un grembiule con tasche capaci, comode scarpe nuove,
uno zaino fiorito, fogli a righe e fogli senza righe o
quadretti
per costringere la sua intelligenza a orientarsi, e testi di
scienze
e poesia. Là dove suo padre aveva rovesciato l'arca e
scoperto
il codice semplice e altissimo - della scrittura e della
lettura -
membro a sei anni della Società del Sapere, anche la bambina
imparò i segreti degli alfabeti e possedette i linguaggi per
dire
chi era. Quanti altri bambini in processione sono passati
su per quelle scale. Quanti maestri, quante luci accese.
Quante Niccolò Tommaseo per la Regione, quante vigne
del Signore nel Paese. Ma qui è passato un maestro a tempo
pieno, Antonio Bricco si chiamava, ceranese, che aveva visto
questa scuola in sogno, l'aveva trasformata nella mente, le
aveva dato un cuore audace e una ragione, con vetrate
trasparenti
al mondo esterno e un grande fuoco all'interno sempre vivo.
Come astronauti sulla luna, quanti bambini ci hanno piantato
una bandiera. Quanti maestri hanno coltivato rose, rose
rosse
e custodito narrazioni. E oggi, al di là di una memoria che
fa velo
ai processi già lontani di una dolce storia, poter dire:
Sì, signori, io c'ero! è la nostra gioia, la nostra umana
vittoria.
Carissimi
saluti
Maria
Amalia Orsini
1 commento:
Emozionante davvero!
E' stato giusto ricordare Antonio Bricco: un grande uomo, un grande maestro che sicuramente, se fosse ancora fra noi, chissà quanto avrebbe avuto da dire sulla Scuola ...
Grazie!
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