Sono una millenial per definizione. Ho compiuto
diciotto anni nel 2000. Della scuola ho parecchi ricordi ed i migliori sono
decisamente quelli della scuola elementare. Ho frequentato la scuola pubblica a
Galliate, la città dove ancora oggi vivo, in un contesto scolastico che si è
dimostrato favorevole sia alla mia crescita individuale che a quella collettiva
della nostra classe.
Ho terminato il mio percorso di studi con il
conseguimento di un diploma accademico in Belle Arti. Oggi ho trentaquattro
anni e sono la mamma di Bianca, una bimba curiosa e estroversa di due anni e
mezzo.
Di recente mi sono trovata a riflettere in merito alle
parole del Dalai Lama sulla “responsabilità universale” e ho compreso che il
nostro presente storico può ritenersi una nuova era contraddistinta dalla
nascita di una comunità universale e che, volenti o nolenti, tutti i membri
dell'umanità, nonostante le varie diversità e unicità linguistiche e culturali,
dovranno presto imparare a convivere nel rispetto degli altri.
Quando andavo a scuola da piccola abbiamo spesso
discusso in classe di tematiche quali la solidarietà fra i popoli,
l'integrazione, l'accoglienza, la coesione fra persone di diverse etnie e
religioni, formando il nostro pensiero a riguardo.
Il presente, però, continua a porci nuovi
interrogativi che nascono dalla “pratica” e non più solo dalla “teoria”. La storia
che viviamo nel quotidiano ci sta facendo fare i conti con nuove realtà e nuovi
disegni geopolitici ai quali partecipiamo non più in qualità di spettatori
passivi ma come fautori di questo nuovo capitolo storico. E alcune di queste
tematiche, che solo un ventennio fa potevano sembrare astruse e lontane, si
presentano con forza dirompente.
La società si presenta come mai prima d'ora variegata,
stratificata, piena di diversità e contraddizioni, ma non per questo priva di
realtà di integrazione fra i diversi individui che la compongono. I valori
possono e devono fungere da “collante”.
Gli uomini di oggi sono viaggiatori. Fanno nuove
esperienze, si trasferiscono per lavoro o per migliorare la qualità della loro
vita ed entrano maggiormente in contatto diretto con realtà che non sempre
conoscono a pieno. Essi, però, hanno dimostrato grande capacità di adattamento,
di integrazione e di interconnessione, grazie anche al supporto dato dalle
nuove tecnologie e forme di comunicazione. La tutela dei valori quali la
comprensione e l'ascolto delle necessità dell' “altro”, possono rivelarsi utili alla non-alienazione
del singolo e alla creazione di una nuova “rete” sociale non più composta solo
da chi si riconosce come “simile”, ma anche da chi si presenta come “nuovo” e
“diverso” e che, a tutti gli effetti, fa parte del tessuto sociale universale e
della grande famiglia dell'umanità.
Nostro compito è quello di educare i bambini
all'accettazione dell'individuo, e non più solo attraverso i grandi temi, ma
anche tramite la cultura dell'integrazione, della generosità, della capacità di
confronto e del rispetto degli altri.
Per cui il ruolo fondamentale della scuola primaria,
oltre a quello nozionistico, è quanto mai complicato: deve poter fornire i
giusti strumenti a quelli che saranno gli adulti di domani affinché sappiano
porsi nei confronti delle nuove sfumature sociali, non solo attraverso la
capacità di analisi, ma anche tramite la facoltà di rapportarsi direttamente.
I piccoli semi che i maestri e le maestre di oggi
pianteranno, un giorno fioriranno nelle menti degli alunni che, diventati
grandi, cresceranno come esseri senzienti, cittadini del mondo, persone dotate
di giudizio critico e capaci di rispettare sé stessi e gli altri. O, perlomeno,
questo è l'augurio che io faccio a tutti loro. I bambini avranno il dovere di
sviluppare un marcato senso di responsabilità universale e la scuola primaria
sarà il primo posto nel quale cominciare questo percorso.
Tempi che cambiano (e strani accadimenti)
Il filo che ci unisce
La bisnonna, all'occorrenza, sapeva usare lo schioppo.
Lavorava nei campi, toglieva i topi morti dalle trappole a mani nude senza
battere ciglio, allattava anche i bambini delle altre, tanto latte aveva. Per
non parlare dei suoi casoncei, la pasta ripiena più buona dell'universo,
fatta con le uova fresche delle sue galline.
La bisnonna non è andata a scuola perché ai tempi
c'era troppo da lavorare, le famiglie erano numerose e le bambine
rappresentavano una risorsa preziosa all'interno dell'azienda famigliare.
Abitava in provincia di Brescia, in un piccolo paesino dove non si vedevano
altro che stalle e risaie. Si chiamava Angela ed era la nonna di mio padre.
All'epoca non erano in molti a saper leggere e
scrivere, specie nei paesi di provincia dove l'importante era saper firmare i
documenti e neanche poi più di tanto. Al massimo si metteva una bella croce.
Era molto più importante aiutare i vitellini a nascere durante un parto
difficile, conoscere il *1) maggese e i cicli lunari, mondare bene il riso in
risaia e cucinare pasti sostanziosi per gli uomini che rincasavano con una fame
da lupi. E, ovviamente, occuparsi di nugoli di bambini che presto sarebbero
diventati soldati o spose. Una vita rude e semplice dove la luce era data dal
sole o dalle lampade a petrolio, il caldo d'inverno era quello del focolare e
d'estate il cielo era pieno di lucciole.
La nonna ricamava a mano il suo corredo, confezionava
vestiti, macellava gli animali del pollaio quando era ora, zappava la terra e faceva
di conto. Oltre a cucinare crostate incredibili e lucidare a mano i pavimenti
in marmo con la cera Sutter. La sera un brodino e via, a dormire presto perché
il giorno dopo si apriva la bottega. La nonna si chiamava Faustina ed era la
mia nonna materna.
Grande lavoratrice, da bambina abitava in una cascina
nella frazione agricola Le Fornaci a Oleggio. Quando era giovane ha vissuto la
seconda guerra mondiale aspettando come tutti notizie dal fronte; è così che ha
saputo di aver perso il suo primo fidanzato, morto in guerra come molti altri
giovani soldati. Poi si è sposata con mio nonno, un giovane garzone di
macelleria. La loro vita è girata tutta attorno alla loro macelleria bovina, di
via Canonico Diana a Galliate. Avevano anche un bell'orto dietro casa, dove il
nonno Nino coltivava verdure e peonie profumate e gli alberi da frutto
producevano succose pesche e dolci ciliegie. Ricordo ancora il ronzio gagliardo
delle api.
La nonna ha studiato fino alla quinta elementare ed
era molto brava in matematica, cosa che le è servita per più di trent'anni alla
cassa in negozio. Ma non si è mai interessata di politica, attualità o
letteratura. L'unica lettura di casa dei nonni è stato per decenni l'Eco di
Galliate. In un'epoca dove già molte donne proseguivano gli studi, guidavano,
insegnavano, lei non ha mai avuto altre aspirazioni se non quelle di giovare
all'attività di famiglia.
La mamma, invece, ha studiato fino al diploma di
maestra d'asilo. Le scuole medie le ha frequentate a Novara, all'Istituto
Immacolata dove restava in collegio per tutta la settimana, compresi i fine
settimana.
*1) maggese: o pratica del maggese; consiste nella
messa a riposo di un terreno, per la precisione di un campo agricolo, che
consente la coltivazione ed il riposo ciclico
I nonni lavoravano anche dodici ore al giorno in
negozio e non potevano occuparsi di lei. Mentre il diploma l'ha conseguito
presso la Scuola Magistrale, anche se non ha mai (o in rare occasioni
lavorative) usufruito del suo titolo di studi.
La mamma faceva la segretaria d'azienda e lavorava in
ufficio. Fumava tante sigarette e si alzava mezz'ora prima per truccarsi.
(Quello lo fa ancora oggi, ha solo ridotto le Muratti). Casa perfetta ma cibo
della rosticceria e forno a microonde. Non ha mai avuto feeling con la
cucina o con gli animali, né le è mai piaciuto stare a contatto con la natura,
fare sport o escursioni.
I bottoni sui pantaloni li sapeva cucire ma niente di
più. In compenso ha sempre avuto in tasca la patente, il bancomat e la carta di
credito ed un'attrazione per i bei vestiti e gli accessori eccentrici. Abbiamo
provato a regalarle uno smartphone: garantisce che ci sta provando ad
usarlo ma senza impegnarsi a fondo perché questo tipo di approccio esula dal
suo modo di intendere il telefono; ovviamente ha ancora un cellulare ibrido, a
metà fra quelli con la tastiera e quelli col display touch. Nonché
l'irrinunciabile telefono fisso. Ascolta Radio Italia Solo Musica
Italiana la mattina e guarda la De Filippi il sabato sera. Metodica, non le piace
che le si tocchino i capelli, (che porta cortissimi), non le piace leggere,
mentre le piace molto vivere seguendo ritmi scanditi, facendo particolare
attenzione alla pulizia della casa. Fare le faccende domestiche è la sua vera
passione: guardare una casa in ordine, pulita e rassettata aiuta il suo spirito
a mantenersi sereno. E' una persona che tiene all'amicizia e che della schietta
sincerità ha saputo fare virtù anche se mi insegna a non esporre forzatamente
le mie idee e i miei pensieri qualora questi possano ferire la sensibilità
altrui o essere incompresi. La mamma non ha portato avanti nessuna tradizione
di famiglia e ciononostante non se ne è mai fatta una colpa, anche perché vive
la sua vita secondo le sue regole, regole che lei stessa utilizza come binari
per navigare su di un'unica rotta.
Ha la scorza dura ma il cuore tenero.
Con la nascita di mia figlia ha riscoperto una
tenerezza che non provava da tempo.
Io? Io bhé, potete immaginarlo. Sono come voi. Ho
studiato fino a trent'anni. Lavori vari ed eventuali, anche se ciò che più amo
fare e vorrei che mi desse da mangiare è dipingere quadri. Sono andata a viver
da sola presto ma sempre sotto l'ala di mammà. Ho prole e marito ma
questo non fa di me una signora nel senso stretto del termine, solo una moglie
e una mamma; e, devo candidamente ammettere, che mi ci trovo molto bene in
questi “panni”, io che mai avrei pensato di volermi dedicare principalmente
alla famiglia. Cucino meglio di mia madre e non faccio delle questioni infinite
se c'è un po' di disordine in casa. In compenso, quando posso leggo, scrivo,
dipingo e ascolto musica. Mi ingozzo di tecnologia e ci perdo molto del mio
prezioso tempo; tempo che, ad esser sincera, potrei dedicare a cose ben più
sane come a fare una passeggiata o ad abbracciare un albero, ad esempio. Cani e
gatti li conosco, galline e conigli un po' meno. E di sicuro non riuscirei a
torcergli un pelo. (O una penna).
Chissà come sarà il paragrafo di mia figlia?
La mia scuola
Il ponte immaginario che congiunge la mia bisnonna a
mia figlia è un ponte corto se si pensa a quanti pochi anni sono trascorsi fra
la società rurale e industriale e la nuova società delle interconnessioni
tecnologiche, dal tempo delle biciclette a quello delle automobili elettriche,
dal tempo delle prime casse di risparmio all'home banking, dal tempo
delle merende sull'aia al tempo della spesa on line. Però è anche un
tempo lunghissimo per i grandi cambiamenti che sono intercorsi. L'innalzamento
dei tempi di scolarizzazione, i vari scossoni dell'economia, la
globalizzazione, la comprensione di più lingue e la possibilità che tutti
abbiamo di viaggiare e vedere il mondo hanno davvero reso questo intervallo
temporale uno spazio vasto e di difficile comprensione per le nuove
generazioni. Per i nativi tecnologici è possibile comprendere istintivamente le
tecnologie ma non la manualità, il mestiere di fare le cose con le proprie
mani. Hanno bisogno di chiavi di lettura per “leggere” correttamente il passato
e volgere il loro sguardo serenamente al futuro.
Credo appartengano a mia figlia molte di quelle cose
che mia nonna neanche poteva immaginare, ma mi chiedo se queste cose, un
domani, la renderanno felice. Ella vivrà
una nuova era che vorrei non fosse improntata solo sui consumi e sulla
velocità, ma anche sul ricordo delle tradizioni, perché uno dei grandi
insegnamenti che la sapienza dei nonni ci ha lasciato è proprio quello del
“saper aspettare”, ed è difficile insegnare ai nostri bambini il valore
dell'attesa in un mondo dove tutto è rapido e di facile accesso. Le cose
migliori hanno il passo lento, dicevano i nostri nonni. Vorrei che godesse di
tutte queste novità meravigliose, in mezzo alle quali è venuta al mondo, senza
soffrirne le controindicazioni! E mi piacerebbe pensare che la scuola del
futuro sia in grado di aiutarla a crescere bene nel pieno rispetto dello spirito
del suo tempo, parte integrante di una nuova collettività pur rispettando quei
valori che prescindono dal consumismo. Mi auguro che ricordi il passato della
nostra famiglia e la storia della sua nazione, ma che viva con slancio il
presente senza zone d'ombra. Mi auguro anche che provi il gusto di fare domande
e che i suoi maestri e le sue maestre riescano, con l'intelligenza che li
contraddistingue, a darle buone risposte, lasciando però qualche spazietto
vuoto per stimolare il suo ragionamento.
L'incendio
Avevo molti quaderni di quando andavo a scuola,
quaderni di tutte le materie, i famosi Pigna Cento che si usavano una volta. Ne
andavo fiera e avevo ragione di esserlo perché ero una brava scolara. Questi
“quadernoni” erano correlati da splendidi disegni che ritraevano me e i miei
genitori e tante altre situazioni vissute o immaginate. Temi ricchi di
considerazioni e particolari, degni di una vera osservatrice amante dei
dettagli. Purtroppo sono andati tutti bruciati in un incendio doloso che ha distrutto,
non solo mobilio e oggetti, ma anche un enorme pezzo della mia vita. Una notte,
alcuni individui rimasti ignoti, hanno devastato la casetta di campagna che
all'epoca apparteneva ancora alla mia famiglia, dal giorno in cui mio nonno
Nino la ereditò da suo zio Pietro. La notte dell'incendio un filo si è spezzato
e anche qualcosa dentro di me. Ho provato molti sentimenti contrastanti in
quella circostanza. Mi hanno pervasa sconquassandomi dalla testa ai piedi.
Prima lo sconforto e rabbia e il senso di impotenza. Infine la frustrazione e
il dolore, sentimento che noi occidentali cerchiamo con tutte le nostre forze
di scansare ma che, in effetti, è una sorta di benedizione perché è proprio
attraverso la sofferenza che si giunge ad una sorta di illuminazione. Anche
grazie a quello (e a molti altri dolori) sono diventata la persona che sono
oggi. Infondo, credo di aver perso solo le cose materiali in quell'incendio.
Per molti anni ho avuto la certezza di aver perso per sempre la prova tangibile
dalla mia infanzia, dei migliori anni di scuola, dei miei progressi di bambina,
eppure oggi so per certo che nulla è andato perduto. Ha solo cambiato forma.
Ora sta tutto alla mia memoria il non disperdere i bei
ricordi nell'oblio e, si sa, la memoria è fallace, talvolta ci trae in inganno,
deforma le cose a nostro piacimento. Però è anche vero che sono i sentimenti a
guidarla. Perciò è mio preciso compito quello di mantenere la mia brillante
stella polare accesa, il faro della memoria che illumina anche la notte più
buia. Dentro di me ci sono tutti i quaderni, i libri di scuola, i miei amati
romanzi (che fortunatamente ho potuto
ricomprare), le matite colorate e molto, ma molto altro! Ci sono i volti dei
miei compagni bambini, gli alberi in fiore nel cortile durante la ricreazione,
le annuali foto di classe nell'esatto momento in cui sono state scattate, la
maestra che, con le sue parole evocative, ci raccontava il mondo e le immagini
che si formavano nella mia testa, gli esperimenti di scienze, il profumo delle
tempere e la loro consistenza, la pioggia che batteva sui vetri e i colori
variegati degli ombrelli. L'odore dolce e salino della carta. Il sorriso di mio
nonno Nino che, all'uscita, mi aspettava con il sacchetto della merenda. E le
corse a perdifiato con la mia amica Donatella, a zig zag tra un trifoglio e un
altro. E che gioia quando si trovava un quadrifoglio! O quando una coccinella
si posava sul dorso di una mano. Pensavamo portasse fortuna. E, in effetti, a
ripensarci bene di fortuna ce ne ha portata. E anche molta. Perché, anche se la
vita spesso toglie, è anche capace di dare.
Carolina Gianotti
1 commento:
Scritto godibile e significativo, ricco di spunti.
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